SOMMARIO. Premessa; 1) Il ruolo del riscatto nella determinazione dei canoni; 2) Il capitale ammortizzabile: i possibili valori di R e le ripercussioni sul costo del leasing; 3) Il prezzo del riscatto: una corretta ponderazione; 4) Le concedenti il leasing: modus operandi da rivedere; 5) Riscatto finale e TIA: una relazione pericolosa; 6) Conclusioni

 

Premessa

 

Il riscatto finale è uno degli elementi caratterizzanti la locazione finanziaria: è il prezzo di esercizio di una opzione di tipo “call” acquistando la quale l’utilizzatore si riserva il diritto, dietro pagamento di un premio, di divenire proprietario del bene concesso in leasing ad un prezzo prestabilito.

È altresì una opzione di tipo “europeo” perché, salvo qualche rara eccezione generata da trattative collaterali, i contratti di leasing non ne prevedono l’esercizio anticipato ma solo a scadenza contratto.

Il prezzo del riscatto finale, a differenza dei canoni, fintantoché non si esercita l’opzione non è un debito ([1]) sebbene la definizione di tasso da indicare in contratto fornita dalle norme in tema di trasparenza rischia di far intuire una cosa diversa: mi riferisco alla previsione di indicare il tasso interno di attualizzazione per il quale si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto finale (al netto di imposte) contrattualmente previsti.

L’assorbimento del riscatto all’interno del tasso da indicare in contratto potrebbe far pensare che si tratti di un “obbligo” ma ciò non deve trarre in inganno poiché la principale finalità della normativa sulla trasparenza è quella di tutelare e promuovere la concorrenza nel mercato del credito e affinché ciò avvenga deve potersi attuare un vero confronto con altre forme di finanziamento, il che non può che riguardare i rispettivi tassi effettivi. Ora, se escludessimo il riscatto dalla partecipazione al TIA (tasso interno di attualizzazione) questo ne risulterebbe ridotto a scapito di tutti gli altri tipi di finanziamento dove ogni rimborso è obbligatorio. Una simile impostazione potrebbe trovare accoglimento, al limite, se ci trovassimo di fronte al cosiddetto leasing di godimento ma non certo al leasing traslativo sul quale, invece, intendo focalizzare questo mio lavoro.

Il fatto che sia facoltativo e, soprattutto, che sia pagabile in unica soluzione solamente a scadenza del contratto, rendono il riscatto finale una modalità autonoma di rimborso parziale del capitale investito ed in quanto tale non deve transitare per il piano di ammortamento, che resta appannaggio dei canoni periodici.

Ne consegue che, all’interno della quota capitale, sulla quale definire il piano di ammortamento degli interessi, non poteva essere compreso il prezzo per l’acquisto conclusivo del bene, trattandosi di debito meramente potenziale e, comunque, soggetto alla decisione dell’utilizzatore. Conseguentemente, in parte qua il ricorso può trovare accoglimento e, come da domanda, va disposto che l’intermediario provveda a riformulare il piano di ammortamento applicabile al rapporto senza tenere conto del prezzo di riscatto del bene oggetto di leasing”, così si esprime l’ABF-Collegio di Milano nelle sue decisioni n.6978 e n.6979 del 3/8/2016.

Escludere il riscatto dal piano di ammortamento equivale a riconoscerne l’autonomia rispetto al resto del finanziamento, ciò lo rende assimilabile al rimborso di uno zero coupon ([2]).

Il prestito, quindi, sotto l’unico cappello della Locazione Finanziaria, ne comprende due: l’uno, destinato ad essere rimborsato mediante pagamenti periodici ovvero tramite un piano di ammortamento, l’altro (lo zero coupon) da rimborsarsi con il riscatto alla scadenza del contratto.

L’ammontare dello zero coupon (da non confondere con il riscatto che ne rappresenta il rimborso) riveste un ruolo centrale in quanto, rappresentando una quota del capitale investito dalla concedente, la sua determinazione comporta, per differenza, l’automatica definizione della rimanente quota di capitale destinata all’ammortamento sulla quale vengono calcolati i canoni secondo il tasso concordato.

Questo lavoro si focalizza sulle relazioni che legano il riscatto finale alle altre componenti l’operazione e sugli effetti, anche distorsivi, che possono derivare da una sua non corretta ponderazione. In qualità di Consulente Tecnico, riscontro assai frequentemente operazioni di leasing traslativo dove non si tiene affatto conto della diversa natura giuridica del riscatto finale sicché, vuoi perché “si è sempre fatto così”, vuoi perché la materia rimane comunque ostica ai cultori del diritto loro consiglieri, il tutto passa inosservato e molti operatori del settore, abili nel muoversi nei meandri della matematica finanziaria, occupano questa area grigia della locazione finanziaria trattando il riscatto finale in modo da aumentare la redditività del loro investimento.

Mi accingo quindi ad approfondire questo importante elemento caratterizzante la Locazione Finanziaria con l’auspicio di fornire un contributo verso una sempre maggior trasparenza del settore.

Scarica qui l’articolo completo: Il riscatto finale nel leasing traslativo

[1] Sul punto si vedano anche le decisioni n. 6978 e n. 6979 dell’ABF-Collegio di Milano del 3 agosto 2016. Il Collegio adito motiva l’accoglimento parziale delle pretese del ricorrente sulla base del fatto che dall’esame delle condizioni generali applicabili al contratto di leasing, oggetto di controversia, emerge come l’acquisto del bene finanziato integrasse una mera facoltà dell’utilizzatore da esercitare “al termine del contratto” e, pertanto, il prezzo previsto non rappresentasse un debito per quest’ultimo, salvo l’esercizio dell’opzione di acquisto.

[2] Modalità di pagamento in cui, in caso di accensione di un prestito, i pagamenti a titolo di interesse ed a titolo di rimborso del capitale si concretizzano con un unico pagamento complessivo, alla scadenza prevista per contratto.